Niccolò Campriani è stato intervistato quest’oggi sulle pagine della Gazzetta dello Sport. L’ex tiratore azzurro ha avuto modo di ripercorrere alcune tappe della sua carriera: dagli inizi, fino al momento in cui ha deposto la carabina, descrivendola come “la decisione al tempo stesso più dura e più giusta della sua vita”.
Ha raccontato dell’esperienza in un campo profughi nello Zambia, “senza la quale non sarebbe nata l’iniziativa coi rifugiati per Tokyo” e da lì lo sviluppo del suo post-carriera.
Prima due tentativi non andati in porto: quello di progettare, da ingegnere, alcuni gruppi sportivi universitari con il Coni, successivamente quello di poter lavorare per Milano-Cortina 2026.
Infine, la svolta con una sostituzione-maternità di sei mesi al Cio, a Losanna: “Oltre al progetto dei rifugiati, ho lavorato anche sulla partecipazione degli atleti russi ai Giochi di Pyeongchang, ma in realtà è stato il colloquio di lavoro più lungo di sempre - racconta -. Ho scoperto solo più tardi che tanti incontri già al tempo del Cio erano stati in funzione del mio ingaggio per il ruolo di Direttore Sport, a fianco dei due primi responsabili, John Harper e Brian Lafemina”.
Da Campriani è dipeso tutto l’iter che ha portato nel programma olimpico nuove discipline, scelte tra più di quaranta sport.
Foto: l'oro Campriani a Rio 2016 nella C10 (Credits ISSF)